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Il volume offre un'istantanea del panorama artistico della regione italofona della Svizzera, scattata ad inizio 2019, iniziando con alcuni stimolanti Appunti per una geografia artistica della Svizzera italiana, stilati da Virgilio Berardocco, il quale, prendendo spunto dalla produzione espositiva di Harald Szeemann e dalla feconda attività critica di Giovanni Testori, riflette sull’innato esistere in absentia dell’arte svizzera ed in particolare ticinese, la cui essenza parrebbe intrinsecamente connessa ad un mitologema identitario nazionale. Il dubbio esistenziale si è rivelato essere, istintivamente, il metodo di indagine seguito sia dai critici, sia dagli stessi artisti, quasi che per poter tracciare un proprio (auto)ritratto, gli Artifices Artis svizzero-italiani abbiano bisogno di interrogarsi sulla propria identità ed appartenenza.

A popolare le pagine di questo numero monografico, sono dunque le opere e le parole di pittori, poeti, narratori, registi – in attività soprattutto nel primo ventennio del nuovo secolo, sia già affermati, sia emergenti, che riflettono sulla creazione artistica quale percorso introspettivo verso la definizione del proprio Io.

Per evitare che l’arte rimanga un freddo e inattingibile simulacro, abbiamo chiesto ai singoli critici di incontrare gli artisti della Svizzera italiana e di discutere con loro, interrogarli, affinché si confrontino con fruitori delle loro opere.

La storica dell’arte Ada Cattaneo presenta Matteo Emery, artista ticinese giunto al successo negli anni Ottanta, la cui ricerca (del “chi siamo”) continua da decenni con passione, ricreando ciò che gli esseri viventi hanno letteralmente dentro: viscere, organi e pulsioni.

Matteo Cappelletti, di Artrust, galleria d’arte e diffusore culturale estremamente dinamico in Ticino, si concentra su artisti differenti: da una parte propone un’analisi delle opere del duo Nevercrew, che dà voce a una concezione della condizione umana attraverso una serie di relazioni/interazioni; dall’altra, affronta l’opera di Aymone Poletti, artista che si lascia ispirare dalla realtà intima della memoria.

Davide Dal Sasso presenta l’opera dell’artista urbano Andrea “Ravo” Mattoni.

In ambito teatrale, si segnala l’attività del Movimento Artistico Ticinese, in quello letterario, la nascita della Casa della Letteratura per la Svizzera italiana, dando la parola a Fabiano Alborghetti, che ne è il presidente e ad Elena Spoerl Vögtli, dell’A-d-S, che si sono prodigati per la creazione di uno spazio preposto all’azione letteraria lato sensu. Il nostro augurio è che la neonata istituzione divenga un laboratorio di incontri e scambi, un luogo intimo come un’abitazione, all’interno del quale la letteratura, nelle sue svariate declinazioni, si possa liberamente esprimere dando voce a chi ha realmente qualcosa da raccontare e interagendo con le altre dimensioni del vivere sociale.

Se realmente, come ha detto Amos Oz, il modo migliore per scoprire l’anima di un popolo è conoscerne la letteratura, bisogna constatare come l’anima italofona della Svizzera sia estremamente sfaccettata: l’italiano è un baluardo culturale, mother tongue outside fatherland, quando ad adottarlo sono autori italofoni che risiedono in altri cantoni o autori svizzero-italiani che vivono all’estero; a volte è lingua d’adozione, altre ancora lingua matrigna. 

Il numero si chiude, infine, con uno sguardo sul cinema che, anche grazie al CISA di Locarno, è sempre più un fiore all’occhiello del mondo culturale ticinese. Sergio Muratore, di Spazio incontra Erik Bernasconi e Niccolò Castelli, due registi esponenti della nuova realtà cinematografica ticinese.

La Svizzera italiana si rivela essere un serbatoio d'arte e cultura estremamente fecondo, che merita di essere studiato con cadenza regolare.

Artifices ArtisTI della Svizzera Italiana

€75.00Price
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